venerdì 18 maggio 2018

UN CILINDRONE CALATINO 
ESPOSTO NEL MUSEO SALINAS 
DI PALERMO

L'opera riveste una notevole importanza per la presenza della firma dell'autore Nunzio Campoccia (Opus Nuntii Campoccia, 1795)e della data di esecuzione; la scritta Calatajero Urbs gratissimaposta alla base del cilindrone potrebbe sottolineare -non senza orgoglio- l'appartenenza alla citta' siciliana del manufatto nonostante la maniera decorativa sia invenzione delle temute concorrenti fabbriche liguri che numerosissime maioliche esportarono nel '700 in Sicilia .L'esistenza di un'altra opera firmata dal nostro autore nel Museo delle Ceramiche di Caltagirone e le notizie d'archivio testimoniano dell' antica incisiva presenza della famiglia nel contesto della lavorazione della maiolica nella citta', a partire dal XVII secolo, con Matteo e Antonino Caompoccia. Figlio di Antonino, Nuzio, al lavoro nell'officina accanto alla Chiesa di Sant'Agata, assieme al fratello maggiore Giacomo, e' artefice di numerose forniture apotecarie e di importanti pavimenti come quelle documentate delle Chiese calatine di Santo Stefano e del Salvatore. 
Dell'importanza storica del manufatto presente nel Museo si rese conto il direttore Salinas che ne parla in una lettera privata dell'8 Didembre del 1905.

mercoledì 2 maggio 2018

Una boccia palermitana firmata dal torniante e dal decoratore

UNA STRAORDINARIA MAIOLICA PALERMITANA 
con i nomi del decoratore e del torniante

di Rosario Daidone

Nel 1607 nel quartiere dell'Albergheria in una casa di via delle Pergole muore mastro Geronimo Lazzaro che da Naso (Me), sul finire del '500, era arrivato a Palermo con i fratelli Cono e Paolo per impiantavi un'officina di maiolica rivelatasi la piu' prestigiosa della citta' tra Cinque e Seicento. Venuto meno l'animatore dell'impresa e restituiti i locali in affitto alla legittima proprietaria, Cono decide di tornare al paese dove si dedichera' al commercio della seta, Paolo resta invece a Palermo dove il 7 novembre del 1610 sposera', all'eta' di 26 anni, una ragazza di 16 , Isabella Oliva, figlia di un noto proprietario di stazzone. Dapprima insieme al cognato e poi, dopo la morte del suocero, da solo, Paolo si adoperera' per buona parte della prima meta' del secolo in numerose forniture di vasellame alle spezierie siciliane.
Una boccia da farmacia emersa di recente da una collezione privata riveste un ruolo di primo piano nella storia della maiolica post-rinascimentale. Imponente nell'espansione del ventre, dal collo elevato in elegante proporzione, essa sfoggia nell'ampio medaglione dalla cornice “a mensole” l'immagine di un santo che dagli addentellati dovrebbe essere riconosciuto come Sant'Antonio Abate posto in un paesaggio convenzionale con prato verde e improbabili montagne. Ma quel che piu' interessa gli studi e' la dettagliata decorazione dei trofei militari del verso divisi in quartieri, l'insistita presenza della sigla senatoriale SPQP e la ripetuta data di fabbricazione che potrebbero giustificare, da sole, un ruolo di preminenza nel panorama storico della maiolica siciliana.
Al di la' del valore artistico, che poggia in gran parte sul rapporto armonico tra l'architettura e la decorazione ricca di dettagli, l'interesse preminente e' suscitato dai due cartigli che recano il nome del torniante Paolo Lazzaro e quello del decoratore Andrea Pantaleo, noto firmatario di altre opere pervenute. Nell'ambito del settore figulino, la congiunzione dei due nomi offre una rara testimonianza della consapevolezza degli operatori, che, senza scomodare l'illustre precedente del vaso Francois, poggia sulla reciproca importanza che forma e decorazione assumono nell'opera e che “danno la prova di un duplice intervento, correlato o indipendente, di una divisione del lavoro la cui reciproca situazione e valenza” secondo il Ragghianti (1986) era, e ancora oggi sembra per gran parte da definire.
A rendere ancor piu' interessante il magnifico reperto concorre il documentod'archivio del 15 settembre del 1618 in cui Andrea Pantaleo “pictor monrialensis” s'impegnava di lavorare per un anno intero nell'officina Oliva di cui Paolo Lazzaro era ormai titolare. Il confronto cronologico tra la data di esecuzione del 1617 segnata nel reperto e quella di assunzione del pittore dell'anno seguente, potrebbe a prima vista apparire incongruo se non si tenesse conto che la boccia potrebbe essere stata eseguita l'anno prima della stipula dell'atto notarile che formalizzava un rapporto di lavoro gia' esistente. Sappiamo infatti che Andrea Pantaleo, non solo si trovava al servizio dell'officina Oliva quando era ancora titolare il suocero di Paolo, scomparso 18 novembre 1610, ma che i rapporti tra i fratelli di Naso e il pittore di Monreale risalivano a tempi piu' antichi quando Geronimo Lazzao lo volle testimone di importanti vendite di vasellame e, nel 1606, gravemente ammalato, come teste delle sue ultime volonta'. Scomparso Geronimo, Andrea era restato nell'officina con gli eredi come si evince dalla testimonianza per una vendita di maioliche residue durante la gestione provvisoria di Cono e l'individuazione di una boccia a questo dedicata firmata “Per Mastro Cono Lazzaro”.
Le notizie intorno al decoratore Pantaleo vicino alla generazione di Geronimo, piuttosto che a quella di Paolo Lazzaro, si perdono dopo il 1618. Ne' conosciamo la data della sua scomparsa che dovette avvenire probabilmente intorno agli anni venti del secolo. I dati archivistici relativi alla vita di Paolo si allungano invece sino al 6 gennaio del 1638, data della sua morte.
Non e' occasione di secondaria importanza che l'opera firmata si associ ad un'altra, appartenente alla medesima collezione, caratterizzata dalle stesse forme e dimensioni ma dalla decorazione mista a quartieri e trofei con la figura di un santo (San Fedele ?) dipinto nell'ampio medaglione con identico paesaggio. Per le comuni peculiarita' di forma e decorazione, attribuibili allo stesso torniante e al medesimo decoratore, doveva far parte della stessa fornitura apotecaria. Pervenuta insieme alla sorella datata e firmata, con questa dovrebbe restare legata in coppia come ulteriore testimonianza della perizia dell'uno e dell'altro operatore.